30 luglio 2023 - IX Domenica dopo Pentecoste (A)

Omelie festive

Marco 2,1-12


1. Il rapporto tra la legge e l'amore

Questo Gesù anarchico un poco spiazza. Abbiamo un bel da dire, ma davvero la sua azione
risultava sconcertante anche tra i più bendisposti farisei e quel suo modo di citare la Scrittura
per giustificarsi risultava davvero offensivo per chi la Scrittura la meditava giorno e notte!
Ma Gesù non ama contraddire la legge, solo la riporta al suo significato primigenio, all'origine
perché lo sappiamo, soprattutto noi uomini di Dio, che la legge e l'amore mal si coniugano
e che il rischio del moralismo o del lassismo incombono sempre sull'agire della Chiesa.
In ogni religione, anche nella nostra, il rischio di appiattire la fede a norma, lo spirito alla legge,
la passione alla regola è sempre presente.
Gesù conosce l'essenziale di Dio e della Parola, lo conosce e lo vive.
Sa che non esiste sentimento che non diventi concretezza,
né comando o legge che sostituisca il coinvolgimento passionale e convinto.

2. Il vero senso del riposo sabbatico

Come i farisei siamo spiazzati davanti alla straordinaria libertà di Gesù,
una libertà fatta per amare, una libertà che mette la verità dell'amore al centro.
L'amore diventi concretezza e la norma sia sempre il modo di testimoniare
la verità dell'amore che diciamo di vivere.
Viviamo sempre le nostre tradizioni, le nostre leggi, la nostra vita morale come un modo
per realizzare nella concretezza l'immenso dono di Dio, senza costruirci una santa gabbia di regole
che Dio non chiede, per essere liberi di amare, finalmente!
Il rispetto del sabato era una norma che differenziava Israele da tutti i popoli vicini. I romani, a causa
del riposo settimanale consideravano gli ebrei dei pigri (ma loro poi facevano lavorare gli schiavi!)
Eppure quel riposo faceva la differenza, ricordava agli ebrei il primato di Dio e la loro dignità:
gli schiavi non hanno un giorno di riposo.
La forza con cui la Scrittura difende il precetto del sabato è motivata dall'importanza di un segno
che indica la profonda realtà dell'uomo fatto per la festa e non per il lavoro.
Ma, come spesso accade fra gli uomini religiosi e devoti, questa intuizione era poi stata svilita,
confusa, irrigidita, al punto che una infinita serie di prescrizioni indicava
le azioni da compiere, i passi da percorrere, il cibo da mangiare.
Gesù è libero non perché fa l'anarchico, ma perché conosce la sostanza di quella norma
e la sa applicare con intelligenza ed equilibrio. Non così i suoi detrattori che fanno
dell'osservanza esteriore della legge il criterio attraverso cui giudicare la devozione delle persone.
Gesù non si piega al loro ricatto e cita la Parola di Dio (che conosce bene!)
giustificando così l'eccezionalità del suo agire.

3. Tenere solo ciò che è buono

Stare sempre ancorati al vangelo, "sine glossa" come direbbe san Francesco, ci farebbe bene.
Ricordare anche a noi cattolici del terzo millennio che è il sabato a essere fatto per l'uomo
e non viceversa, eliminerebbe qualche incomprensione di troppo.
Spesso si rischia continuamente di ribaltare i piani, di confondere l'essenziale col consequenziale.
Dobbiamo sempre stare legati all'essenziale del vangelo, all'amore ricevuto e donato.
Poi, certo, l'amore si configura in atteggiamenti, in regole.
Il pranzo preparato per tutti è un'abitudine (anche piuttosto faticosa!), ma che esprime amore.
Come dice san Paolo, siamo invitati a scrutare ogni cosa per tenere solo ciò che è buono,
che ci porta ad amare di più e a conoscere di più e meglio il Signore
 

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